In questa sezione condivido alcuni miei testi poetici, tratti dai miei tre libri inediti A colloquio con la Musa , L’ipnosi di Orfeo, Il sole dentro.
A Alda Merini
Non sai quanti mi chiamano ‘matto’
Per l’amore mai placato,
Per il gusto inusitato,
Pel sentir fra l’alte stelle.
Non sai quanto rido io
Posando gli occhi miei
Nel mio infinito.
Da A colloquio con la Musa
25 maggio 2010
Di sera
Mentre
Il pensiero sprofonda
E dal libero
Affondare
Germogliano
Arbusti colorati
Entriamo
A piedi
Nudi
Nella camera
Dei sogni.
Da A colloquio con la Musa
21 maggio 2010
Autunno
Con le foglie di vento
Che ciriolano nel bianco cielo
Di una foto lontana,
E la stufa che ombreggia
Con i guizzi arancioni
I gialli muri tiepidi di ottobre;
Mentre guardo sfaldarsi una rosa
Di ricchi velluti un tempo adorna,
E dalle mani tremanti
Scrosciano oceani di solitudine,
Dalla coppa a volte
Amara della vita,
Assaporo il gusto
Denso del tuo ricordo.
A mio padre. 10 ottobre 2007
Da A colloquio con la Musa
Ai piedi del Monte Guglielmo
Sotto il faggio sacro,
Atto d’amore
Più di cent’anni antico,
Fra miliardi di profumi inusitati
E gli eterni silenzi surreali,
La terra ho fecondato
Con pensieri meravigliosi.
Da A colloquio con la Musa
25 maggio 2010
7 aprile 1999
E di tutto l’orrore di questa morte
Sol ne resta l’odore,
Nelle mie nari stanche,
Del tuo cadavere sfigurato.
Ma per tutta la vita di quest’anima
Usata dal tormento dell’amore
La terra brilla di una stella nuova.
A mia madre. 9-11 maggio 1999
Da A colloquio con la Musa
I miei giorni nuovi
Grazie per questo sole splendente che
Mi avete regalato,
Concependo il desiderio di vita
Di cui io sono il frutto.
Grazie per il mare che tuona fra le
Grotte dei miei sospiri,
E i venti veloci salmastri che
Passano a razzo la burrasca.
Grazie, immensamente amati,
Per le anime splendenti
Che mi hanno circondato
In lunghi anni di neri tormenti.
Grazie per l’oceano d’amore in cui nuoto
Quando, in ogni istante in cui respiro e vivo,
Il mio pensiero è immerso in Voi,
Nel regno di luce in cui mi avete posto.
E questi poveri miei versi siano
Paghi di cantare quanto di eterno resta
Nei miei giorni lucenti e nuovi:
Il respiro immenso del vostro amore.
Ai miei genitori e ai miei amici. 1-2 giugno 2010
Da A colloquio con la Musa
Il pudore dell’artista
È come il fiore che si acciglia al vento
Nascondendo i colori fra brevi ombre
Che nulla possono contro
Le deflagrazioni incontenibili del
Genio e dell’Amore universale.
Il pudore dell’artista
È bisogno di pace
Nelle lande sconfinate immateriali,
Regni assolati di emozioni,
Madri di germogli immortali.
Il pudore dell’artista
È la sera di Dio,
È il sogno del Tutto perduto in un
Abbraccio di Bellezza.
Da A colloquio con la Musa
1 giugno 2010
Io voglio la tua bocca
Bramosa e calda come oro di Persia
Che scivola tonando
Da rupe polverosa alla rovina.
Io voglio la tua bocca
Come di sangue tinta
E la famelica tua lingua alla mia
Avvinta nei soffocanti spasimi
Che tregua non danno all’umido fiato,
Che niente turba se no il piacere ancora
Crescente senza cima.
Io voglio il tuo corpo flessuoso, morbido,
Saporito, e le carni fragranti
Di bambina ormai fatta donna
Fra le mie mani a coppa,
Contente, soddisfatte,
Colmate, appagate,
Vibranti, mai quietate,
Arrabbiate perfino e appiccicate
A te che morsichi irrequieta
Il tronco nudo del mio tormento,
Il pensiero dominante, costante
Di vederti ancora qui,
Gli occhi chiusi appena,
A cantare a lena a lena
Una vigilia di novelli ardori,
Leopardo senza manto
Che ti muovi sul mio petto,
Silente e furtivo qual di seta è il velo,
Scivoli dove frenare il duro
Desire che di noi ha il governo tutto
Non vuoi, libera padrona dei miei giorni,
Mentre già ancora nell’oblio perduto
Io ti dico “ti amo”.
Da A colloquio con la Musa
8-9 maggio 2010
IL RITORNO
Non vi dirò «non piangete»
Perché non tutte le lacrime
Sono un male.
(dal film di P. JACKSON – Il Signore degli Anelli/Il ritorno del Re)
Tu hai preso quella nave che spiega
le immense vele bianche
al vento capriccioso della morte,
che scivola cieco e senza ragione
nelle stanze affrescate
da lunghi anni di inferno e di amore.
Tu hai preso la nave che non chiede,
che raccoglie, secondo il suo volere,
stelle del mare e melme dei porti,
che accolgono i peccati delle onde
e degli abissi e delle basse sponde.
Forse perché tu come
Il porto hai accolto
Ogni bene e ogni male, anche il mio,
senza per ciò tacere il tuo sorriso;
forse perché sei come l’immobile,
ricurva e elegante testa di cigno
che medita sulla sua prua acuta;
forse perché sei come lei ti ha preso,
la nave che rigenera il mondo,
movendo verso il blu più profondo,
annuendo col suo cigno serafico,
o verso gli schiaffi della burrasca,
spaccando i frangenti che rimbombano,
che ruggiscono con le fauci algose.
Tu hai preso la nave senza volerlo.
Il male da tempo immemorabile
perforava le nostre carni stanche,
il sole avvizziva i suoi raggi nella
vecchia casa stagnante e putrescente,
le ombre col naso gracchiante avevano
sputato sui pavimenti puliti,
sulle pareti imbiancate di fresco,
sulle porte che non cigolavano.
I vetri presero a colare sangue,
mentre i quotidiani riti funebri
avevamo imparato a celebrare
reggendo gli altissimi ceri rossi,
appendendo sui muri
teli di seta viola,
muggendo come tori al macello,
storpiando i nostri volti
nel ghigno dell’ossesso,
mangiando il porco crudo
che avevamo sgozzato in salotto,
sotto il lampadario di cristallo,
in un mare di sangue,
imparando ad amare le pieghe
della sua carne flaccida e violacea,
ingozzandoci di vasi sanguigni,
succhiando la materia dalle arterie
seduti ad una tavola imbandita
dalle muffe e dall’oro
luttuoso dei paramenti da messa.
Il vento era come il rutto di una
latrina gorgogliante di vomito,
amavamo solo il guizzo dei nembi.
Così ci ridussero quelle ombre,
strillanti e stizzose,
fetide del loro puzzo borghese,
del sudore della donna di garbo,
del piede che non conosce le erbe,
dell’ascella rasata della vecchia.
Esse ci strapparono
al nostro focolare
fiorito tra vasi di rame lustro,
alle nostre dolci luci serali,
alle nostre tende bianche, sospinte
da un vento leggero
come la fecola delle tue torte,
che impastavi con le mani morbide
della mamma che ti riporta a casa.
Tu hai preso la nave per prepararmi
la casa dove di nuovo il camino
disegnerà sui muri bianchi i sogni
cantati dal corno lucente, quando
la sera incederà tranquilla nelle
camere silenziose.
Tu hai preso la nave per amare
ogni riflesso dell’acqua sfogliata dalla
docile china diritta e ondulante
fra le perle di luce,
gialle come le prugne del tuo orto
che non ti lasciavano coltivare.
Tu hai preso quella nave che solca
maestosa il mare del mio pianto, mentre
sciolgo i miei occhi nella voce dei tuoi,
che ancora lontanissimi parlano,
con suoni rifioriti,
del nostro vagare nei bassifondi
dell’Essere, cercando quella luce
che ora invade il porto di avorïo
selvatico da cui guardo la poppa
scura che mi impedisce la tua vista,
ma non il canto bianco che celebra
il ritorno alla casa sulla spiaggia
eterna, appena fuori dal bosco
che enumera mille specie di tronchi,
dove impasterai di nuovo le uova
con lo zucchero luccicante e il latte,
con le tue forti mani infarinate.
Le onde si inarcheranno
e ad ogni alba narreranno come,
qui, io ti pensi ogni volta che esco
di casa per correre la mia vita,
affacciata sul mare da cui vieni,
col vento che profuma di biscotti,
nell’attesa che il cigno
nasconda tra le piume
il sogno di incontrarci di nuovo.
A mia madre. 12-13 settembre 2004
Da A colloquio con la Musa
Maestrale a Porto Alabe
Orizzonti sopraffatti
Dagl’indomiti mastodonti creativi
Che inarcando e ruggendo
Spruzzano metri e metri
Nel cielo: Onde: Acqua e rabbia. Bianco.
E intravedo Saturno
E Giove
Fra i raggi cangianti
Delle spume spietate rigoglianti.
Bianco-verde-cesleste-corallo-blunotte
Sulla piccola spiaggia
Deserta
Di rocce torturate
E sabbie spumanti gocciolanti
Nero risuona il tuono del mare.
Da Il sole dentro. Porto Alabe – Sardegna. 9 agosto 2011
A Piero, Carla e Andrea Guardo, con profonda gratitudine.
I pregi del silenzio
Consapevole di un sogno non infranto
Ho veleggiato i sentieri spumeggianti
Per lunghe ore d’imperturbabile silenzio,
compagno fedele al mio aereo passaggio,
amico discreto e leale tra i flutti,
sostegno lontano dalle matte turbe,
libero pensiero che sgorga dai polsi
con vigorose rigeneranti onde.
Attraverso le stanze delle età
Spesso come un muto fantasma
Fra quelle luci che la mente non spegne
E i ricamati velluti stantii…
Ma ora le antiche polveri ho ammutolito.
Ora il silenzio è stendardo di Pace
Che lento ondeggia all’ombra della palma
Fresca di sinuosi raggi appuntiti
Contro la parete celeste che il sole
Terso avvolge fra la brezza marina.
È il silenzio un’attesa che ci abbraccia,
libera di pensieri o di speranze,
ma quiete pura e svuotato respiro
da ogni cura, anche da quella del Tempo
che sempre incombe e fiammeggia inquieto,
un’attesa senza limiti, senza età.
È lo stato prima e dopo la vita,
Respiro della Musica terrena,
il silenzio è l’istante sospeso
che prelude a qualunque azione
e che segue ogni atto fedele.
È dell’ascolto anima e fratello.
A un caro amico e al suo cane
Da Il sole dentro
29 giugno -17 luglio 2014
Estate
Sacra la notte abbraccia la mia calda casa
In viluppi di soffi azzurri bluprofondo
Tintinnanti di rapide trasvolate interstellari,
Della materia che si fa polvere
Sui miei occhi abbacinati da splendori
Cosmici di visioni incantevoli del dio
Che pose un giorno la sua destra
Sui pensieri suoi meravigliosi
E il tucano immobile sull’eucalipto
Fiorì in una veste di sabbie multicolore.
Oh come dei miei piedi sento fratellanza
A questa terra polverosa tanto
Di Storia e Sangue sparso
Da tagli lenti aperti nelle carni offese
Dal teschio della guerra
E la bara dell’ignoranza.
Come soffoco in quest’aria
Càlida di acqua galleggiante
E l’aere bianco, pompo, denso
Di splendore il cuore di canicola.
Frutti gonfi di sole e di speranza
Pendono in rigogli verde sereno
Vitali trionfi rosso rigeneranti,
E mi abbaglio di profumi e gusti dolci
Fra bambini rallegrati alla merenda.
Ridicoli volti in occhiali da sole
Sulla riva gorgogliante stravolti da
Venti giocosi giocherelloni
Saltimbanco inaspettati passeggiando
Perduti nel poema del mare.
Da L’ipnosi di Orfeo
12 luglio 2010
Canto notturno di Orfeo
Non la senti che profumata l’aria
Scorre nelle mie vene ardimentose
Mentre di te miro audace il sembiante
Specchiarsi nel firmamento di maestà
Che la tua bella figura incorona
E di me fa nuovo il sole e il giorno?
Accorri! Accorri al mio soffrire immane
Quando la vita in un velen si volge
Se priva d’amor che all’onestà ne induce!
E la morìa di podestà al mio cuore
Non accogli tu generosa dea
E ne uccidi di me più viva amante.
Oh se eliso il mondo fosse di morte,
Oh se il patire e’l desire divisi
Non sarebbe che noia la mia vita.
Venga arcana la notte sul mio petto!
Come la lancia oblunga mi trapassi!
La notte estrema e sorda e nera!
Io volgerò più ben lontano i passi
Incurvando le falangi morbide
Su di una cetra aurato il legno
E ’l volto e il piè trascolorando
Lascerò mozzata la mia testa a
Cantare sulle rive sconsolate
Delle mie mani più cruda assenza
La tua carne di carezze mai contenta
E del mio cuore penoso l’abbandono.
Da L’ipnosi di Orfeo
16-17 luglio 2010
Fra le sabbie del Venezuela
Gli sciamani non cercano l’oro
Incastrato dentro la terra
Per le smanie di piccoli uomini,
Ma cercano i raggi fiammanti
Degli spiriti danzanti, le impronte
Della fratellanza universale.
Diamanti galleggiano in un mare
Trasfigurato nei colori degli occhi
Di un Dio figlio dell’Uomo.
Da L’ipnosi di Orfeo
8 giugno 2010
A Euridice
Zefiri soffiando dalla linea
Suadente delle tue labbra socchiuse
Hai parlato dei tramonti nella selva
A traverso l’occhio del cerbiatto
Coi capelli raccolti fra i tuoi ricci
Che mi mandano odori di addii.
Come una ninfa lavavi le tue mani
Raccolta elegante sul bordo dello stagno
E lo specchio raccontava di magie
Inconsuete agl’occhi di chi è solo.
Cosa vuoi in una vita irripetibile?
Puoi scherzare con gli allori della tua
Carne lucente, ma non con me perché
Ora ti amo come un uccello il nido,
Come un gabbiano il vento,
Come uno scoglio l’onda,
Come l’acqua e salata la sabbia,
Come te e me trasfigurati nella notte
Scoloriamo al mondo perché entriamo
L’uno nell’altra ai tremori del gusto
In un cronoscopio guardando il futuro.
Da L’ipnosi di Orfeo
4-6 luglio 2010
L’artista e gli antichi
Archetipi insidiosi dormono su
Cime erbose di verde espanse
Quando fecondo il seme dell’arte
Ristora i miti dall’erosione.
Se li risvegli evolveranno su cirri
Dorati del tuo genio senza sonno,
Se di tanto a te è data la forza
Nelle notti turbinanti di visioni
Edulcorate mai dai sogni infantili
Ma turbate sì dall’urlo del tempo
Reso nullo dagli atti umani dei grandi.
Da L’ipnosi di Orfeo
2-4 luglio 2010
Corrono le luci come lampi
D’argento giù per la scoscesa
Collina in un manto di notte profumata
Che colora le palme salmastre
Come la tua pelle brunita
Dal vento maestrale di spuma
Increspata e di flutti scomposti
E distese di acque agitate.
All’ombra del platano distesa,
turgida e nera come una perla
ricca di monili di platino,
riposi come una stella tremante,
riversa come una cascata di sogni.
Il ghepardo ancheggia fra gli arbusti
E osserva come una lince la tua forma
Di calla dallo stelo robusto
Come un pensiero archetipico,
arroccato nelle anime stupefatte.
Oltre il sipario si consuma l’amplesso dell’Arte.
Da Il sole dentro
9 novembre 2013